venerdì 23 luglio 2010

Jennie

Ci sono film destinati a imprimersi in modo indelebile nella nostra mente. E ciò indipendentemente dal successo che hanno riscosso, dalla loro notorietà, dai premi che hanno ricevuto o da quello che ne ha scritto la critica.


Non saprei dire perché “Il ritratto di Jennie” (Portrait of Jennie, USA, 1948) mi è così caro, perché nel tempo ha acquistato una connotazione così “mitica” per me, accanto ad altri film (non molti, a dire il vero) con caratteristiche ugualmente uniche, irripetibili, esclusive. C’è qualcosa in alcuni prodotti dell’ingegno umano (accade per un brano musicale, o per un componimento letterario, un dipinto o appunto un film) che li rende assoluti, con una dignità tutta particolare e la dimensione di un “mito”.
E’ merito della storia, del suo carattere così apertamente surreale? della suggestiva ambientazione in una fredda e brumosa New York? della splendida interpretazione di due grandi attori come Jennifer Jones e Joseph Cotten? dell’onirico accompagnamento musicale di Dimitri Tiomkin? Sì, certo, sono tutte ottime ragioni, ma c’è sicuramente dell’altro.


Il “logo” del film è tutto a mio parere in quel volto assorto e bellissimo che il pittore Robert Brackman ricalcò sui dolci lineamenti della protagonista, in quello sguardo triste e pensoso che sembra fissare un punto lontano, fuori del mondo reale e della portata degli sguardi umani.
Ecco, quello sguardo mi interessa, ne sono attratto, quasi ipnotizzato. Chi è Jennie? o forse dovrei dire che cosa è Jennie? è un fantasma del passato o un sogno diventato realtà? è un’illusione o un’aspirazione? perché se non esiste puoi toccarla? e perché svanisce pur sembrando vera?


Jennie è innanzitutto un luogo della mente. Là dove la luce e l’ombra sconfinano una nell’altra e i ricordi si mescolano alle aspirazioni, il dolore alla gioia e, forse, la vita alla morte. In quel punto critico in cui il nostro abituale modo di leggere le cose che ci circondano e il mondo mostra tutti i suoi limiti (e soprattutto la sua pochezza), in quella zona in penombra in cui alla mente si aprono nuovi orizzonti di fantasia, di desiderio, di rinascita, ecco, è lì che si trova Jennie. Tra presente e passato, rimpianto e voglia di vivere, speranza e incubo, questa immagine di donna fuori del tempo e pure così viva e sognante, così ingenua ed insieme volitiva, così giovane di spirito e però così matura e consapevole, è il simbolo di un sogno che vorremmo vedere realizzato e di una vita che vorremmo in qualche modo reinventare.


Amo Jennie. La sua immagine mi dà un senso di armonia che mi allarga il cuore e la mente. In lei ci sono i tratti di una femminilità non stereotipa, dove la bellezza e la sensualità non sono neanche sfiorati dalla volgarità. Tutto in lei esprime ricchezza e nobiltà di pensieri, sentimenti, vita.
C’è una forza, un equilibrio meraviglioso in questo dipinto che va oltre il soggetto raffigurato per cogliere un moto, un sussulto del nostro essere, quello di chi non sa o non può rassegnarsi alla realtà e insegue con tenacia l’incanto di un sogno ad occhi aperti.



Nessun commento:

Posta un commento